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Sara Grasso, export manager di Oranfrizer, fa il punto della situazione dopo il Covid-19

Oggi abbiamo contattato telefonicamente Sara Grasso, export manager di Oranfrizer, azienda siciliana leader nel settore degli agrumi, specialmente dell’arancia rossa. Abbiamo scelto di parlare con lei per fare il punto sulla situazione del mercato ortofrutticolo dopo il Covid.

 

Ciao Sara, la prima domanda che vogliamo rivolgerti è relativa ad uno degli asset strategici di un settore come quello agroalimentare, ossia il lavoro ed il reclutamento della manodopera. Negli ultimi mesi si è parlato molto delle difficoltà che aziende come quella che tu rappresenti hanno incontrato nel reperimento di manodopera. Come mai si è verificato un problema del genere? 

Molte aziende del settore ortofrutticolo italiano si affidano a mano d’opera stagionale che viene dall’estero appositamente nel periodo raccolta, perché non sempre è facile trovare mano d’opera locale in alcune regioni, per vari motivi o perché la retribuzione offerta non è allettante e dunque i locali non ambiscono a fare questa attività. Inoltre molti locali non sono interessati a svolgere questo tipo di attività e preferiscono scegliere altri lavori. Il lockdown ha impedito che questa mano d’opera potesse arrivare dall’estero creando notevoli problemi a moltissime aziende nella raccolta del prodotto.

Oranfrizer ha consolidato questo importante aspetto della filiera, cioè la raccolta, che per noi è un fondamentale step nella catena di produzione per la qualità. La raccolta deve essere svolta in modo qualificato per garantire una eccellente qualità del frutto sia dal punto di vista estetico sia della sua shelf life. I nostri raccoglitori di arance sono forza lavoro locale o stranieri che vivono tutto l’anno vicino all’azienda con le loro famiglie. Sono dipendenti dell’azienda e vengono formati periodicamente affinché  svolgano questa attività in modo competente. Dunque la mano d’opera fortunatamente non è stata un problema per noi durante gli ultimi mesi.

Un secondo asset strategico per il tuo settore, specie durante questi mesi di pandemia da Covid-19, è stato quello della sicurezza alimentare. Acquistare da Paesi terzi, colpiti come il nostro dalla pandemia, e vendere a Paesi terzi i nostri prodotti italiani, è stato subito semplice e sicuro o vi sono state delle difficoltà? La sicurezza della catena alimentare è stata sempre garantita? Se si in che modo? 

Si, per noi la sicurezza alimentare insieme alla qualità dei prodotti sono elementi base, punti cardini della produzione. Abbiamo subito organizzato l’azienda in base ai protocolli richiesti dal Governo per restare operativi durante l’emergenza, anche affrontando investimenti per adeguarci in tempi brevissimi. In questo modo abbiamo garantito che tutte le procedure che normalmente vengono svolte per la sicurezza alimentare, sia in campo sia nello stabilimento, fossero normalmente espletate. Nel nostro caso è importante verificare che i protocolli di campo siano rispettati dai nostri produttori e che la frutta non ecceda determinati livelli di trattamenti in modo da essere quasi a residuo zero.

 

Il cibo è un nutrimento essenziale per tutti e la sua produzione e commercializzazione ha tenuto, nonostante il Covid. Come è andato l’export del mercato degli agrumi? E’ la vendita a livello nazionale?

E’ noto che la richiesta di agrumi negli ultimi mesi sia stata enorme, sin dall’inizio di marzo. Sicuramente i consumatori italiani ed europei riconoscono l’agrume come un frutto adatto per fortificare il proprio sistema immunitario e per combattere o prevenire infiammazioni ed influenze, dunque dall’Italia le richieste sono state in certi momenti fino al triplo della stessa settimana dell’anno precedente. I mercati esteri hanno invece reagito in modo difforme: alcuni hanno tenuto le nostre referenze e hanno completato la stagione,

riconoscendo il valore dei nostri agrumi, specialmente dell’arancia rossa sia dal punto di vista salutistico sia per la sicurezza alimentare. Il coronavirus è stata un’esperienza che ha alzato il livello di guardia del consumatore sulla sicurezza Alimentare e sull’importanza della qualità di cosa si mangia. Dunque molti buyers stranieri hanno puntato su questo, mantenendo le rosse sugli scaffali. Altri davanti all’incertezza di cosa avrebbe comportato il lockdown, anche in termini di disponibilità economica da parte dei consumatori, hanno interrotto le forniture scegliendo agrumi meno costosi.

E’ vero che esportare gli agrumi in Cina e in Giappone richiede il rispetto di alcune procedure molto rigide, come l’osservanza di basse temperature per 15 giorni prima della partenza? Ci spieghi meglio quali sono le difficoltà del tuo mercato per l’export d’oltremare?

Le difficoltà dell’export d’oltremare sono molteplici. Innazitutto le distanze e quindi la durata del viaggio. La frutta è deperibile quindi andare via mare può essere rischioso, dall’altra parte esportare via aerea rende i costi e quindi il prezzo finale della frutta troppo alto e di conseguenza i volumi restano circoscritti. Inoltre ci sono altri fattori con cui confrontarsi per esempio i dazi interni, i  competitors più vicini che offrono la stessa frutta a prezzi più bassi e con rischi minori ed in fine le barriere fitosanitarie. Esportare verso paesi d’oltremare comporta nella maggior parte dei casi la messa in opera dei protocolli  che prevedono che la frutta debba essere sottoposta per un certo periodo di tempo (generalmente non meno di 15 giorni) a basse temperature (prossime allo zero) per eliminare  i parassiti dei nostri campi che possono risiedere sulla frutta ed evitare di esportarli insieme ad essa. I “cold treatments” stressano la frutta. Meno i kiwi, le mele e le pere che per loro natura resistono meglio alle basse temperature e che quindi  possono essere conservati a circa 0-1°C dopo la raccolta ed essere commercializzati successivamente. Gli agrumi sopportano meno le basse temperature e quindi il cold treatment li danneggia deteriorandone la qualità con possibili problemi all’arrivo. Nonostante tutto la Oranfrizer ha esportato arance rosse anche in volumi importanti dal 2006 al 2011 verso il Giappone, sia via nave sia via aerea. Nonostante le problematiche legate al viaggio via mare o i costi della via aerea l’arancia rossa italiana è stata molto apprezzata dal mercato Giapponese, dove il consumatore locale ha un’elevata consapevolezza di ciò che consuma, dell’importanza di una dieta salutistica ed equilibrata ed è curioso dunque studia i prodotti che sceglie e ne riconosce il valore. Purtroppo questa esportazione è stata interrotta dalla catastrofe naturale del 2011 che ha creato una forte recessione riducendo il potere di acquisto dei consumatori locali per articoli costosi come appunto il tarocco o il moro. Nonostante tutte le difficoltà la scorsa stagione abbiamo fatto 3 shipments verso la Cina anche come test essendo la prima stagione, ma quest’anno la situazione del coronavirus ha inibito qualunque proseguimento della prima esperienza.

L’Asia nel settore degli agrumi sembra cavalcare le ultime novità di livello internazionale e la Cina si è aperta all’import di agrumi solo recentemente. Come mai un così alto consumo di agrumi in questa area del mondo?

La Cina produce agrumi storicamente , soprattutto mandarini ed e’ un paese dove si coltiva molta ortofrutta dunque la dieta locale prevede molte verdure e frutta, ma da quando esistono fasce di consumatori che possono permettersi anche prodotti di importazione il mercato degli agrumi si è molto variegato ed ampliato e dunque anche il consumo. Tra i maggiori esportatori di agrumi verso la Cina ci sono il SudAfrica, gli Stati Uniti, l’Egitto, L’Australia – per citare i più grossi. Il consumatore cinese, anche per motivi legati alla sicurezza alimentare e alla salubrita dei prodotti, spesso è orientato, se può permetterselo economicamente, ai prodotti di importazione perché spesso ha sfiducia nell’industria del food locale e nell’ortofrutta locale. Questo sentimento è stato alimentato dai vari scandali alimentari legati all’industria locale (pensiamo già nel 2008 allo scandalo del latte cancerogeno, al riciclo di oli tossici per utilizzo alimentare o alle alte percentuali di utilizzo di pesticidi in agricoltura)

 

L’Associazione Nazionale Donne dell’Ortofrutta coinvolge un folto gruppo di donne, protagoniste a vario titolo nella filiera agroalimentare, con lo scopo di spiegare al consumatore qualcosa in più sul mondo dell’ortofrutta. Puoi dirci meglio in che modo si inserisce la tua azienda nell’associazione e quale contributo trae da questa?  

L’azienda per cui lavoro ormai da 21 anni appoggia totalmente la mia adesione e quella della mia collega Annalisa Alba all’associazione per vari motivi. Fare parte dell’Associazione delle Donne dell’Ortofrutta a livello individuale significa avere accesso ad una varietà, pluralità di informazioni che difficilmente si possono attingere dalla normale vita lavorativa, anche viaggiando o partecipando a mille eventi o corsi di formazione. Questo perché l’Associazione in ogni sua manifestazione è un continuo confronto di tutte le sfaccettature legate al mondo dell’Ortofrutta: in qualunque contesto, argomento, situazione, esperienza noi associate abbiamo la fortuna di avere tutti i punti di vista: della buyer, della fornitrice, di chi trasporta l’ortofrutta, della giornalista, dell’opinionista, della consulente, dell’esperta di marketing ecc… L’Associazione è una fonte inesauribile di arricchimento personale e professionale. Notoriamente poi le donne si relazionano tra loro in modo più disinvolto di quanto lo facciano gli uomini, le donne riescono a spogliarsi più facilmente dei “ruoli“ ed essere spontanee nelle loro manifestazioni.

L’altro vantaggio enorme sono le relazioni: nell’Associazione proprio perché c’è tutto ciò che riguarda il nostro mondo, basta chiedere, e nella maggior parte delle volte si trova una risposta, un aiuto, un suggerimento ma anche un conforto. La Oranfrizer sostiene il dialogo diretto tra il mondo dell’ortofrutta ed il consumatore: solo in questo modo si può far capire ai consumatori perché l’origine dei prodotti è importante, perché scegliere prodotti non trattati fa bene alla salute, perché capire la stagionalità dell’ortofrutta è fondamentale per trarre dal consumo di questi prodotti il meglio non solo in termini di gusto ma in termini di benefici per la propria salute. L’azienda Oranfrizer investe ogni anno moltissimo in campagne di comunicazione nei punti vendita e non solo rivolte ai consumatori per sensibilizzarli su questi importanti argomenti. Investe molto anche nelle scuole per educare i bambini alla natura, ai frutti e alle stagioni. La comunicazione che l’Associazione vuole sviluppare con i consumatori è sicuramente in linea con la nostra visione aziendale.

Salutaci con un pensiero positivo per ripartire e dare la carica a tutti gli imprenditori del settore agroalimentare. 

Dopo un’esperienza così pesante come quella del coronavirus e dei vari lockdown , non solo in Italia ma nel mondo, credo fermamente che i consumatori italiani ed europei abbiano scelto di investire nella nostra ortofrutta. L’ortofrutta italiana notoriamente si posiziona nei mercati a prezzi più alti rispetto agli stessi prodotti di qualunque altra nazione. I motivi sono vari ma “siamo sempre più cari degli altri”. Nonostante ciò durante i mesi di lockdown le vendite dell’ortofrutta italiana in Italia hanno fatto un boom di acquisti ed in Europa hanno tenuto molto bene crescendo in valore con una lieve inflessione nei volumi (sopratutto a marzo) nonostante la crisi e l’incertezza che ha afflitto tutti. Questo secondo me significa che i consumatori italiani ed europei, ma anche nel resto del mondo, riconoscono nel made in Italy e nella frutta italiana un plus di qualità che altri paesi non hanno: il plus è legato alla cura, alla tradizione, ai metodi di coltivazione che adottiamo in campo avendo sempre rispetto della qualità e del sapore dei prodotti, ma soprattutto della natura e della sicurezza alimentare. Questi temi: qualità e sicurezza alimentare a mio avviso devono essere urlati su tutti i mercati in relazione all’ortofrutta italiana, in questo contesto di pandemia mondiale, in cui milioni di persone si sono ammalate ed in cui i consumatori hanno alzato il livello di guardia sopratuto sulla sicurezza alimentare. Questi due temi fanno la differenza nell’ortofrutta made in italy e sono sicura che saranno il volano del futuro della nostra produzione frutticola. Tuttavia è necessario promuovere questo aspetto dei nostri prodotti nei mercati e far capire ai consumatori italiani, europei e d’oltremare che sono questi i motivi per cui scegliere i nostri prodotti, anche se costano di più!

 

Gullino ringrazia Sara Grasso per questo prezioso contributo! Un grande in bocca al lupo a lei e all’azienda Oranfrizer!